Nota informativa n. 43/B del 20/11/2023
Il Codice del terzo settore prevede che gli Enti del terzo settore debbano rispettare alcuni vincoli nella quantificazione delle retribuzioni/compensi dei collaboratori: la prima è che l’entità non si configuri come forma di distribuzione indiretta di utili o proventi, la seconda attiene al concetto di equità retributiva tra “colleghi”. Entrambi i vincoli sono stati di recente modificati dal Decreto Legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito con modificazioni dalla Legge 3 luglio 2023, n. 85.
Con riferimento alla disciplina del divieto di distribuzione indiretta di utili, l’articolo 8 del Codice del terzo settore viene modificato prevedendo la possibilità di derogare al vincolo del limite della retribuzione – che non deve essere superiore del 40% rispetto a quanto previsto, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative – con riferimento ai collaboratori impegnati in qualsiasi attività di interesse generale, mentre la versione precedente consentiva tale deroga per i collaboratori impegnati nei settori sanitario, della formazione universitaria e post-universitaria e della ricerca scientifica di particolare interesse sociale.
Si ricorda che sul tema della deroga al tetto delle retribuzioni in passato l’Agenzia delle Entrate – con la Risoluzione n. 294 del 2002 – aveva chiarito che tale disposizione – originariamente contemplata dall’articolo 10 del DLgs 460/1997 e ancora oggi applicabile alle ONLUS – doveva intendersi come “norma antielusiva di tipo sostanziale”, come tale astrattamente soggetta alla disapplicazione ex art. 37 bis, comma 8, del DPR 600/1973.
Ciò implica la possibilità per il contribuente di presentare istanza di disapplicazione della norma corredata da documentazione idonea a dimostrare l’effettiva corresponsione ai collaboratori delle somme erogate a titolo di stipendio o compenso e la necessità di acquisire, quale causa della corresponsione nella misura superiore a quella prevista dalla legge, specifiche professionalità, senza le quali non è possibile svolgere l’attività istituzionale a livelli di eccellenza, allegando il curriculum vitae delle risorse umane interessate.
Per quanto concerne invece il concetto di equità retributiva, l’art. 16 del Codice del terzo settore prevede che “In ogni caso, in ciascun ente del Terzo settore, la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto uno a otto, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda”. Con il c.d. decreto lavoro la disposizione viene integrata prevedendo che “In presenza di comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, il rapporto di cui al periodo precedente è stabilito in uno a dodici“.
Le medesime novità sono state introdotte nel Decreto Legislativo 112/2017 relativo alle imprese sociali.
Poiché il decreto legislativo 36/2021 relativo agli organismi sportivi prevede, all’art. 8, che “1. Le associazioni e le società sportive dilettantistiche destinano eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del proprio patrimonio. 2. Ai fini di cui al comma 1 e fatto salvo quanto previsto dai commi 3 e 4-bis, è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati, a soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto. Ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma, si applica l’articolo 3, comma 2, ultimo periodo, e comma 2-bis, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112”, le considerazioni fatte per gli enti del terzo settore valgono anche per le associazioni e società sportive dilettantistiche.
Ai citati vincoli nella quantificazione delle retribuzioni/compensi si deve aggiungere anche un altro aspetto: le organizzazione interessate ad accedere ai “benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale” devono dimostrare “il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” (ex art. 1, comma 1175, della L. n. 296/2006, Circolare INL 7/2019).
Ne consegue che gli importi indicati nei contratti stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative rappresentano anche il minimo che può essere riconosciuto al collaboratore.