Le organizzazioni di volontariato possono svolgere attività con utili? Se sì, come si qualificano tali attività?

Nota informativa n. 27 del 23/09/2024

Nota informativa n. 27 del 23/09/2024

È accoglibile la tesi secondo cui affinché una attività di interesse generale possa considerarsi svolta senza scopo di lucro, ai fini dell’art. 5 del codice del terzo settore, la stessa debba essere eseguita a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, laddove quelle secondarie, di cui all’art. 6, sono invece tutte quelle idonee a generare utili da reinvestire secondo le previsioni dell’art. 8, e che, quindi, la differenza tra le attività di interesse generale (art. 5) e accessorie (art. 6) non sarebbe di tipo qualitativo, ovvero riferita all’oggetto dell’attività stessa, ma attiene alle modalità con le quali sono esercitate, ossia a rimborso spese ex art. 5 o in maniera commerciale ex art. 6?

Se l’organizzazione di volontariato svolge attività di interesse generale per le quali riceve importi ulteriori rispetto al rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, è necessario che sia prevista in statuto la possibilità di svolgere attività diverse in considerazione del fatto che in tal caso tale attività deve essere svolta “quale attività secondaria e strumentale nei limiti di cui all’articolo 6” del Codice del terzo settore?

Ai quesiti risponde la Corte dei conti, con la sentenza n. 6211 del 6/6/2024, pubblicata il 11/07/2024, nei seguenti termini:

  1. le attività di interesse generale sono quelle indicate in via tassativa dall’articolo 5 del codice del terzo settore mentre l’art. 6 del Codice legittima gli Enti del Terzo Settore all’esercizio di “attività diverse da quelle di cui all’articolo 5, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale”, ossia di attività che, per i loro contenuti, non sono assimilabili alle tipologie di cui all’elenco recato dall’art. 5. La differenza pertanto è di natura qualitativa e non è legata alla qualificazione di tali attività come commerciali o decommercializzate;
     
  2. l’art. 33, comma 3, in materia di disciplina delle organizzazioni di volontariato, prevede che “per l’attività di interesse generale prestata le organizzazioni di volontariato possono ricevere, soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, salvo che tale attività sia svolta quale attività secondaria e strumentale nei limiti di cui all’articolo 6”. Le attività di “interesse generale” di cui all’art. 5, comma 1, ove svolte con lo scopo di lucro (ovvero attraverso l’ottenimento di un utile), non diventano per ciò solo “diverse” né richiedono quindi, a differenza di quelle anche “oggettivamente” diverse, una specifica iscrizione nell’atto costitutivo o nello statuto, ma possono essere svolte dalle organizzazioni di volontariato come attività “secondarie e strumentali”, purché nel rispetto dei “criteri e dei limiti” fissati dal D.M. 19 maggio 2021, n. 107.