FAQ DIRETTE AD ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE


COSTITUIRE UN ENTE DEL TERZO SETTORE, APS IN PARTICOLARE

Qual è l’iter per costituire una associazione?

La costituzione di una associazione si realizza attraverso i seguenti step:

  • valutazione in merito alla circostanza che l’associazione sia la forma giuridica ottimale attraverso cui organizzare le attività;
  • valutazione in merito a quale tipologia di associazione vogliamo costituire alla luce delle finalità che perseguiamo, all’assenza di scopo di lucro ed ai vincoli che implica, alla presenza o meno di volontari all’interno della compagine associativa, all’affermazione o meno della democraticità e trasparenza gestionale con cui intendiamo caratterizzare il sodalizio.

La scelta di assumere la qualifica di ente del terzo settore è subordinata alla verifica dei seguenti presupposti:

  • nasce per perseguire, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale?
  • svolge attività di interesse generale tipizzate dall’articolo 5 del Codice del terzo settore in via esclusiva o principale?
  • qualora svolga attività diverse da quelle di interesse generale, può dimostrare che siano non solo strumentali ma anche secondarie rispetto alle attività di interesse generale realizzate? È infatti necessario che i relativi ricavi non siano, alternativamente, superiori:
    • al 30% delle entrate complessive dell’ente del Terzo settore;
    • al 66% dei costi complessivi dell’ente del Terzo settore;
  • opera in favore dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati, di loro familiari o di terzi? Può quindi essere mutualistica/solidaristica o avere entrambe le nature;
  • può dimostrare che i compensi corrisposti a lavoratori subordinati o autonomi non sono superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (ossia i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria), salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle sole attività di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, lettere b (interventi e prestazioni sanitarie;), g (formazione universitaria e post-universitaria) o h (ricerca scientifica di particolare interesse sociale)?
  • garantisce ai lavoratori dipendenti un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui al menzionato articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81?
  • può dimostrare che la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non sia superiore al rapporto uno a otto, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda?

La scelta di assumere la qualifica di associazione di promozione sociale è inoltre subordinata alla verifica dei seguenti presupposti:

  • può dimostrare che non si qualifica come circolo che dispone limitazioni con riferimento alle condizioni economiche e discriminazioni di qualsiasi natura in relazione all’ammissione degli associati o prevedono il diritto di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa o che, infine, collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale;
  • ha come minimo sette soci persone fisiche o tre associazioni di promozione sociale aderenti?
  • assicura che tra i propri soci non ci sono soggetti con scopo di lucro e se presenta, tra i propri associati, enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, la loro presenza è subordinata alla condizione che il loro numero non sia superiore al 50% del numero delle associazioni di promozione sociale aderenti? Se tra i soci ci sono Pubbliche Amministrazioni, può dimostrare che non detengono un ruolo di coordinamento, direzione o controllo?
  • può dimostrare di avvalersi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati applicando il criterio capitario (conta quindi il numero di volontari e non il numero di ore prestate dai volontari e dai lavoratori)? Se si avvale collaboratori retribuiti, può dimostrare che il relativo coinvolgimento è necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità istituzionali?
  • se si avvale di dipendenti o di collaboratori coordinati e continuativi, con tutela assicurativa INAIL (il Ministero chiarisce, con la nota 18244 del 30/11/2021, che è necessario prendere in esame esclusivamente queste tipologie di collaboratori retribuiti) può dimostrare che non sono alternativamente superiori a:
    • 50% del numero dei volontari o
    • 5% del numero degli associati?
  • redazione di atto costitutivo e statuto (se intendiamo costituirci come associazione di promozione sociale dovremmo verificare l’implementazione dei requisiti previsti dal Codice del terzo settore, anche alla luce dei significativi interventi di prassi del Ministero del Lavoro, dei requisiti previsti dall’articolo 4 del Decreto IVA come condizione per accedere alle agevolazioni fiscali in materia di iva e per accedere a quelle previste dall’articolo 148 del Testo unico delle imposte sui redditi in attesa che siano operative le agevolazioni indicate nel titolo X del Codice del terzo settore, nonché le disposizioni contenute nel codice civile laddove compatibili) in duplice esemplare (l’ideale è avere le firme in originale sui due esemplari anche se l’Agenzia ammette la registrazione dell’atto con le firme in fotocopia/scansione sul secondo esemplare);
  • richiesta di apertura del codice fiscale con Modello AA5/6. Le modalità di presentazione dell’istanza sono specificate nelle Istruzioni al modello ma se si intende presentarla fisicamente presso l’ufficio è necessario prendere appuntamento qui

https://prenotazioneweb.agenziaentrate.gov.it/PrenotazioneWeb/prenotazione.action;

  • acquisito il codice fiscale, si procede alla liquidazione dell’imposta di registro (euro 200,00) utilizzando il Modello F24. È possibile non applicare le marche da bollo (euro 16,00 ogni 100 righe da applicare su due esemplari) ma è opportuno portare la nota dell’Agenzia delle Entrate dell’Emilia-Romagna che garantisce tale possibilità ed è necessario successivamente all’iscrizione nel registro unico nazionale del terzo settore comunicare tale iscrizione all’Agenzia delle Entrate;
  • richiesta di registrazione dell’atto all’Agenzia delle Entrate – ufficio registrazione atti, sempre previo appuntamento da prendere qui

https://prenotazioneweb.agenziaentrate.gov.it/PrenotazioneWeb/prenotazione.action, dove presentare i due esemplari di atto costitutivo e statuto, il modello 69 previamente compilato, anche se è possibile chiedere assistenza in loco ed il Modello F24 da cui risulta versata l’imposta di registro;

La richiesta di attribuzione della partita IVA si effettua esclusivamente quando si intende realizzare attività commerciale.

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Da quando una associazione può definirsi tale?

L’associazione è validamente costituita all’atto della formalizzazione di atto costitutivo e statuto.

L’acquisizione del codice fiscale è essenziale per poter stipulare i contratti.

La registrazione dello statuto all’Agenzia delle Entrate è necessaria per accedere alle agevolazioni fiscali degli enti non commerciali di tipo associativo.

L’iscrizione nel registro unico nazionale del terzo settore è necessaria per potersi qualificare come ente del terzo settore, anche nella forma di associazione di promozione sociale, e accedere ai relativi benefici.

Ne consegue che effettuata la costituzione è possibile accettare nuovi soci, indire riunioni dell’organo amministrativo e della stessa assemblea.

Per poter correttamente intestare le fatture dei fornitori è necessario fornire l’anagrafica dell’associazione comprensiva del codice fiscale.

Per poter fruire delle agevolazioni fiscali degli enti non commerciali di tipo associato è necessario aver registrato lo statuto e aver trasmesso il Modello EAS (da cui sono esonerati però gli enti del terzo settore da cui l’importanza di procedere rapidamente alla relativa iscrizione nel registro unico nazionale del terzo settore).

Per poter fruire delle agevolazioni delle associazioni di promozione sociale è necessario essere iscritti nel RUNTS.

Cosa significa essere senza scopo di lucro?

Gli Enti del terzo settore devono essere senza scopo di lucro. Le imprese sociali sono destinatarie di una particolare disciplina a cui si rinvia (art. 3 del DLgs 112/2017).

Per la generalità degli enti del terzo settore trova applicazione l’articolo 8 del Codice del terzo settore ai sensi del quale “è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo”, un principio contemplato per tutti gli enti non commerciali.

Il modo in cui viene declinato tale principio si discosta però parzialmente da quanto previsto per le ONLUS dall’articolo 10 del DLgs 460/1997 (a cui continua ad applicarsi tale disciplina finché non si iscrivono nel RUNTS) ed esteso, in via interpretativa, alla generalità degli enti non commerciali.

Si considera in ogni caso distribuzione indiretta di utili ai sensi del Codice del terzo settore:

a) la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni”. Mentre il DLgs 460/1997 fa riferimento al compenso riconosciuto al presidente del collegio sindacale di una società per azioni, con il Codice del terzo settore si rende necessario:

1) individuare chiaramente le deleghe attribuite per valutare, in rapporto alla relativa complessità, alle competenze necessarie ad espletarle ed ai riflessi in termini di responsabilità;

2) accertare che l’indennità di carica non sia comunque superiore a quella prevista in enti che operano in medesimi o analoghi settori e condizioni;

b) la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, lettere b), g) o h).

Mentre il DLgs 460/1997 consente uno sforamento solo del 20%, con il Codice del terzo settore garantisce uno sforamento massimo del 40% calcolato su quanto previsto da contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, comprensivo della parte variabile della retribuzione (Nota direttoriale n. 2088 del 27/2/2020).

Ulteriore elemento di distinzione è rappresentato dalla circostanza che nel Decreto 460/1997 era possibile richiedere la disapplicazione della norma antielusiva di tipo sostanziale ai sensi dell’art. 11, comma 2 della L. n. 212/2000 (Agenzia delle Entrate circolare n. 59/E del 31.10.2007). Nel CTS è possibile derogare esclusivamente con riferimento ai collaboratori impegnati in interventi e prestazioni sanitarie, formazione universitaria e post-universitaria o ricerca scientifica di particolare interesse sociale. La deroga è legittimata dalla oggettiva necessità di acquisire specifiche professionalità necessaria allo svolgimento di tali attività, supportate da idonea documentazione giustificativa (curriculum del collaboratore).

Quando viene accertata la violazione di questo vincolo, i rappresentanti legali e i componenti degli organi amministrativi dell’ente del Terzo settore che hanno commesso la violazione o che hanno concorso a commettere la violazione sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 20.000,00 euro (ex art. 91, comma 1, del CTS) e l’ETS decade da tutto il sistema di agevolazioni, anche fiscali e contabili, riconosciute;

c) l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale” come previsto dal Decreto Legislativo 460/1997;

d) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale di cui all’articolo 5.

Il principio è analogo a quanto previsto dal Decreto Legislativo 460/1997 ma si distingue per un aspetto essenziale: è possibile garantire agli associati e altre figure indicate l’accesso a beni/servizi a condizioni migliori rispetto a quelle praticate a terzi quando tali cessioni o prestazioni costituiscono l’oggetto dell’attività di interesse generale;

e) la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze”, come previsto dal DLgs 460/1997.

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Perché essere ente del terzo settore?

La qualifica di ente del terzo settore garantisce la possibilità di:

  1. partecipare a percorsi di coprogrammazione e coprogettazione con la Pubblica Amministrazione ed altri enti del terzo settore, attivati anche di impulso degli stessi enti del terzo settore. Tale possibilità è esclusiva degli enti del terzo settore;
  2. incentivare erogazioni liberali attraverso un sistema di agevolazioni fiscali;
  3. qualificarsi, al verificarsi dei presupposti, come associazione di promozione sociale, con la conseguente possibilità di accedere alle relative agevolazioni fiscali (relative agli introiti percepiti con riferimento sia a quelli propri di tutti gli ETS che a quelli specifici delle associazioni di promozione sociale, alla tassazione agevolata in materia di imposte dirette sulle eventuali attività commerciali esercitate, alle agevolazioni sulle imposte indirette e sull’IVA in qualità di ente del terzo settore non commerciale), di stipulare convenzioni con la pubblica amministrazione finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale,  se  più favorevoli rispetto al ricorso al mercato, o di assumere altra qualifica di ente del terzo settore destinataria di diverse agevolazioni.
Quali sono le differenze tra una associazione di promozione sociale ed una organizzazione di volontariato?

Le associazioni di promozione sociale si differenziano dalle organizzazioni di volontariato potendo svolgere attività verso i soci, relativi famigliari e terzi mentre le organizzazioni di volontariato operano prevalentemente in favore di terzi.

Altro elemento distintivo, rilevato dal Ministero del Lavoro in via interpretativa (nota n. 18244 del 30/11/2021), è legato alla circostanza che le associazioni di promozione sociale possono avvalersi anche della collaborazione retribuita dei propri soci che non siano volontari mentre ai soci delle organizzazioni di volontariato sarebbe sempre preclusa la possibilità di instaurare rapporti di lavoro retribuiti con l’organizzazione a cui sono associati.

Una associazione sportiva dilettantistica può essere anche associazione di promozione sociale?

Sì, se sussistono tutti i requisiti qualificanti entrambe le tipologie di associazione.

In questo caso il sodalizio sarà pertanto iscritto sia al RUNTS che al Registro delle attività sportive dilettantistiche (RAS) e al Registro CONI (che la norma prevede sia sostituito dal RAS ma che il CONI ritiene ancora operativo e vincolante nonostante il diverso dettato normativo).

In qualità di ente del terzo settore non dovrà indicare nelle attività di interesse generale “l’esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica;” ma semplicemente “l’esercizio in via stabile dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica” ben potendo svolgere anche altre attività di interesse generale.

Inoltre “agli enti del terzo settore iscritti sia al Registro unico nazionale del terzo settore sia al Registro delle attività sportive dilettantistiche si applicano le disposizioni del (Decreto Legislativo 36/2021) limitatamente all’attività sportiva dilettantistica esercitata e, relativamente alle disposizioni del presente Capo I, solo in quanto compatibili con il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117”.

Quale ente del terzo settore in alternativa all’associazione di promozione sociale?

Siamo in procinto di fondare una realtà associativa che eroghi servizi di attività di laboratori artistici (teatrale, di scrittura creativa, di arte figurativa) a minori e famiglie nelle scuole e in sedi come biblioteche o sedi di altre associazioni. L’organico dell’associazione sarà formato da un numero esiguo di soci che si avvarrà occasionalmente della collaborazione di professioniste e professionisti ma probabilmente non di volontari. Chiedo gentilmente quale può essere la forma associativa più indicata per la realtà descritta.

In assenza di volontari le opzioni – attesa anche la natura delle attività di interesse generale che intendete proporre – sono rappresentate da:

  1. ente del terzo settore generico
  2. impresa sociale.

La valutazione è legata a valutazioni fiscali e a costi gestionali.

Qualora le attività dovessero qualificarsi come di natura commerciale ai sensi dell’art. 79 del Codice del terzo settore, l’ente perdendo la qualifica di ente non commerciale decadrebbe dalle agevolazioni in materia di iva (laddove applicabili), dal regime di forfettizzazione delle imposte di cui all’articolo 80 del Codice del terzo settore e dalle semplificazioni contabili.

L’alternativa è rappresentata dall’impresa sociale che in prospettiva (dall’esercizio successivo a quello in cui sarà acquisita l’autorizzazione della Commissione europea) garantirà maggiori agevolazioni fiscali (l’utile se reinvestito non è soggetto ad imposta) ma al contempo presuppone maggiori costi gestionali (a prescindere dal volume di ricavi obbligo di nominare l’organo di controllo e obbligo di approvare il bilancio sociale).

Per poter effettuare una valutazione ponderata si rende quindi opportuno un business plan per comprendere se l’organizzazione avrà potenzialmente le risorse per poter affrontare i costi gestionali dell’impresa sociale, strada che in ogni caso potrebbe percorrere in futuro mediante semplice modifica statutaria e richiesta di migrazione in diversa sezione del registro unico nazionale del terzo settore.

Svolgiamo attività diverse e potrebbero non essere secondarie. Cosa dobbiamo fare?

In primo luogo, ricordiamo che per attività diverse si intendono quelle non riconducibili all’elenco tassativo delle attività di interesse generale definito dall’articolo 5 del Decreto Legislativo 117/2017, anche noto come Codice del terzo settore, alla cui lettura rinviamo.

Le attività diverse devono essere strumentali e secondarie rispetto alle attività di interesse generale svolte secondo i criteri definiti dal D.M. 19 maggio 2021, n. 107.

In particolare, il Decreto citato richiede che i ricavi da attività diverse, perché possano qualificarsi come secondarie, non debbano essere alternativamente:

  1. superiori al 30% delle entrate complessive dell’ente del Terzo settore;
  2. superiori al 66% dei costi complessivi dell’ente del Terzo settore.

Se le attività diverse non rispettano uno dei due parametri l’ente del terzo settore, entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio da cui emerge la violazione del vincolo, ne deve fare segnalazione al RUNTS ed eventualmente alla rete associativa o al centro servizi volontariato a cui aderisce, se autorizzati a svolgere attività di controllo nei confronti dei propri aderenti. Fatta questa segnalazione, l’ente del terzo settore deve controllare nell’esercizio successivo di svolgere eventualmente attività diverse con una incidenza percentuale sul totale dei ricavi “per una percentuale almeno pari alla misura del superamento dei limiti nell’esercizio precedente”. 

A titolo esemplificativo se i ricavi da attività diversa rappresentavano il 35% del totale delle entrate nell’esercizio successivo deve rappresentare meno del 25% del totale dei ricavi. Se non viene rispettato questo vincolo, o nel caso in cui non si effettui la segnalazione, l’ufficio del RUNTS dispone la cancellazione dell’ente del Terzo settore dal Registro medesimo.

È opportuno evidenziare che nei casi in cui non si rispetti il criterio del 30% del totale dei ricavi è possibile sempre avvalersi del limite del 66% dei costi complessivi, ivi inclusi i costi figurativi tra cui si annoverano

  1. Il costo figurativo dei volontari (calcolato applicando alle ore di attività di volontariato effettivamente prestate la retribuzione oraria lorda prevista per la corrispondente qualifica dai contratti collettivi)
  2. le erogazioni gratuite di denaro e le cessioni o erogazioni gratuite di beni o servizi, per il loro valore normale;
  3. la differenza tra il valore normale dei beni o servizi acquistati ai fini dello svolgimento dell’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto.

Si ricorda infine che il criterio utilizzato – quindi 30% delle entrate complessive o 66% dei costi complessivi, inclusi i figurativi, dovrà essere esplicitato

  • l’ente del terzo settore che approva il bilancio secondo il criterio di cassa deve allegare documentazione sul carattere secondario e strumentale delle attività di cui all’articolo 6 del D.Lgs 117/2017 e s.m.i.
  • l’ente del terzo settore che approva il bilancio per competenza deve:

– fornire nella relazione di missione informazioni e riferimenti in ordine al contributo che le attività diverse forniscono al perseguimento della missione dell’ente e l’indicazione del carattere secondario e strumentale delle stesse;

– inserire un prospetto illustrativo dei costi e dei proventi figurativi, in calce al rendiconto gestionale, da cui si evincano:

    1. i costi figurativi relativi all’impiego di volontari iscritti nel registro di cui all’articolo 17, comma 1 del decreto legislativo 2 agosto 2017, n. 117 e s.m.i.;
    2. le erogazioni gratuite di denaro e le cessioni o erogazioni gratuite di beni o servizi, per il loro valore normale;
    3. la differenza tra il valore normale dei beni o servizi acquistati ai fini dello svolgimento dell’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto; accompagnato da una descrizione dei criteri utilizzati per la valorizzazione degli elementi di cui agli alinea precedenti.
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Rappresento una ONLUS che vorrebbe diventare APS. Cosa deve fare e con quale tempistica?

Il termine di iscrizione nel RUNTS può essere così definito:

  1. le associazioni iscritte nei previgenti registri delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato erano chiamate a depositare il proprio statuto aggiornato entro 60 giorni dall’invio del sollecito da parte dell’ufficio del registro unico nazionale del terzo settore, pena la mancata trasmigrazione nel Registro unico nazionale del terzo settore con devoluzione dell’incremento patrimoniale legato alle qualifiche di enti del terzo settore. Le ONLUS che avevano tale qualifica in qualità di organizzazione di volontariato sono pertanto trasmigrate – salvo diniego – così come le associazioni di promozione sociale con ramo ONLUS;
  2. le ONLUS devono iscriversi al RUNTS entro il mese di marzo dell’anno successivo a quello in cui la Commissione europea autorizza l’entrata in vigore di alcune disposizioni fiscali contenute nel Codice del terzo settore (presumibilmente entro marzo 2024), pena la devoluzione dell’incremento patrimoniale ad enti del terzo settore (art. 34 DM 106/2020);
  3. le altre realtà possono liberamente scegliere quando iscriversi.


FUNZIONAMENTO DEL RUNTS

Per iscriverci nel RUNTS ci hanno detto che dobbiamo avere la firma digitale CADES: di cosa si tratta?

Per operare sul RUNTS è necessario disporre di:

  1. posta elettronica certificata dell’ente del terzo settore;
  2. SPID o carta di identità elettronica 3.0 con relativo pin del legale rappresentante;
  3. firma digitale del legale rappresentante. Tramite SPID o CIE 3.0 si può richiedere online un kit di firma digitale minimizzando la spesa per la fase di riconoscimento “de visu” perché quella fase in realtà è già stata superata per avere quelle credenziali. È possibile acquistarla presso rivenditori o anche on line utilizzando lo SPID. Le firme digitali sono di due tipi:
    • remota che richiede un cellulare in cui installare app;
    • locale che prevede spedizione di una chiavetta token che consente firma tramite un semplice pin.
Rappresentiamo un ente con personalità giuridica e intendiamo iscriverci al RUNTS

La Regione Emilia-Romagna richiede, oltre ad altri documenti: “per la parte di patrimonio costituiti da beni diversi dal denaro, occorre allegare alla Attestazione del Notaio, la Relazione giurata di un revisore legale che certifica il valore dello stesso ad una data ……”. Esiste un fac-simile di perizia specifica per questo passaggio, o si procede con una normale relazione giurata?

La pratica richiede la predisposizione di due atti distinti: quello del notaio e quello del revisore legale.

L’atto del notaio potrà essere integrato dalle seguenti informazioni:

“Premesso che l’Associazione ______________________:

1) si qualifica come ente del terzo settore ed è pertanto soggetta alla disciplina contenuta nel Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 recante il “Codice del Terzo settore”;

2) ha provveduto a modificare il proprio Statuto con atto a mio rogito in data _______________ n. ________ di rep. not., registrato a _______________ in data _______________ al n. _______________ serie ___ che in originale si allega al presente atto sotto la lettera “A”, e, tra le modifiche approvate, ha assunto la denominazione attuale e prevedendo altresì che, al momento dell’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, detta denominazione sarà integrata dall’acronimo “ETS”;

3) è dotata di personalità giuridica ai sensi del DPR 361/2000 ed è in possesso del requisito patrimoniale di cui all’art. 22 del D.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, avendo presentato la relazione di stima del patrimonio dell’Associazione _______________, asseverata con giuramento dal dott. _____________________ davanti a me Notaio in data _______________ n. ____ di rep. not., che in originale si allega al presente atto sotto la lettera “B”.

Il/La _______________ nella sopraddetta qualità, consegna a me Notaio detta documentazione perché la tenga a raccolta nei miei atti e, verificata la sussistenza delle condizioni previste dalla legge e, in particolare, dalle disposizioni del D.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 con riferimento alla natura di Ente del Terzo Settore e del suo patrimonio minimo, provveda a depositarli presso il competente Ufficio del Registro Nazionale del Terzo Settore, richiedendo il conseguente perfezionamento della procedura di trasmigrazione nel RUNTS come ente dotato di personalità giuridica ai sensi del D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117.”

L’atto del revisore è invece una ordinaria perizia giurata.

Abbiamo ricevuto la PEC dalla Regione in merito al perfezionamento di trasmigrazione della nostra APS nel RUNTS e ci hanno comunicato che dobbiamo integrare le informazioni sul RUNTS. Ci potete dare qualche consiglio?

L’ente deve depositare documenti e inserire informazioni sulla piattaforma del RUNTS entro 90 giorni dalla data di:

  • iscrizione nel RUNTS per completamento del processo di trasmigrazione;
  • pubblicazione sul sito ministeriale degli elenchi degli enti iscritti per silenzio assenso (la data può non coincidere che quella del 7 novembre 2022 che rappresenta comunque la data di iscrizione dell’ente al Runts a seguito di silenzio assenso per decorrenza dei termini della “trasmigrazione”).

Per quanto concerne i documenti si tratta di:

Gli stessi enti devono poi completare le informazioni presenti sul Runts che gli uffici del registro unico non hanno inserito (circolare n. 9 del 21 aprile 2022) quali:

  • i dati sui titolari di cariche sociali (amministratori ed eventuali componenti dell’organo di controllo);
  • le eventuali sedi secondarie (si ricorda che non costituiscono sedi secondarie dell’ente le sedi legali delle proprie articolazioni autonome o quelle degli enti ad esso affiliati);
  • l’elenco degli enti aderenti (per gli enti di secondo livello);
  • l’affiliazione ad un ente, anche se questo non sia ancora qualificabile come rete associativa;
  • l’esercizio per l’opzione per il cinque per mille.

Qualora gli enti non depositino i bilanci o non completino le informazioni elencate nei 90 giorni, gli uffici competenti del Runts diffidano l’ETS ad adempiere assegnando un termine non superiore a centottanta giorni, decorsi inutilmente i quali l’ente è cancellato dal Registro.

Successivamente al primo accesso, si ricorda che il deposito dei documenti e gli aggiornamenti sono effettuati – utilizzando la modulistica di cui all’allegato tecnico B al DM n. 106 del 15/09/2020 – a cura dei seguenti soggetti, che operano sotto la propria responsabilità ai sensi degli articoli 46, 47 e 76 del D.P.R. n. 445 del 2000:

  • il rappresentante legale dell’ETS;
  • il rappresentante legale della rete associativa cui l’ETS aderisce (con la Nota n. 18244 del 30/11/2021 è stato chiarito che tale ruolo può essere svolto dal rappresentante legale dell’articolazione territoriale della rete nazionale);
  • uno o più amministratori dell’ETS o in mancanza, i componenti dell’organo di controllo;
  • un professionista iscritto all’albo di cui all’articolo 34, comma 5, lettera a) del DLgs 139/2005, limitatamente al deposito atti e con esclusione dell’aggiornamento delle informazioni.


FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANI

Chi partecipa alle assemblee? È possibile delegare il voto?

I requisiti di ammissione al voto sono quelli indicati in statuto nel rispetto dei seguenti vincoli contemplati dal Codice del terzo settore:

  • nell’assemblea delle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore hanno diritto di voto tutti coloro che sono iscritti da almeno tre mesi nel libro degli associati, salvo che l’atto costitutivo o lo statuto non dispongano diversamente (ex art. 24 CTS);
  • ciascun associato ha un voto. Agli associati che siano enti del Terzo settore l’atto costitutivo o lo statuto possono attribuire più voti, sino ad un massimo di cinque, in proporzione al numero dei loro associati o aderenti (ex art. 24 CTS);
  • se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, ciascun associato può farsi rappresentare nell’assemblea da un altro associato mediante delega scritta, anche in calce all’avviso di convocazione. Ciascun associato può rappresentare sino ad un massimo di tre associati nelle associazioni con un numero di associati inferiore a cinquecento e di cinque associati in quelle con un numero di associati non inferiore a cinquecento. Si applicano i commi quarto e quinto dell’articolo 2372 del codice civile, in quanto compatibili (ex art. 24 CTS).

Particolari regole sono previste per le reti associative. In questo caso è infatti è possibile derogare

  • alle regole previste dall’articolo 24, comma 2 del CTS con riferimento all’esercizio del diritto di voto degli associati in assemblea;
  • alle modalità e limiti delle deleghe di voto in assemblea contemplate dall’articolo 24, comma 3 del CTS;
  • le regole stesse in materia di competenze dell’assemblea degli associati previste dall’articolo 25, comma 1 del CTS.

Si ritiene che l’associato moroso, in quanto non ha versato il contributo associativo annuale, non abbia diritto di voto. Si arriva a tale affermazione applicando in via analogica quanto previsto in campo societario dal Codice civile, in particolare dall’articolo 2344, 4° comma del Codice civile ai sensi del quale “il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto”.

Al socio moroso si ritiene quindi che debba anche impedirsi di intervenire e si esclude che possa sanare la morosità in sede assembleare salva diversa disposizione statutaria.

Per quanto concerne il termine entro cui si configura la morosità è necessario verificare quanto indicato nello statuto. Laddove non fosse specificato tale aspetto si ritiene che il termine massimo sia rappresentato dall’esercizio di riferimento nel caso di morosità del contributo associativo annuale. Anche per quanto concerne l’iter è necessario controllare quanto previsto dallo statuto ma in linea generale è opportuno effettuare un sollecito, anche collettivo, al versamento del contributo associativo annuale e successivamente una delibera dell’organo amministrativo che attesta – a seconda di quanto indicato in statuto – la decadenza o l’esclusione dell’associato.

Si ricorda che tra i soci da convocare ci sono anche i minorenni i quali, ancorché non hanno diritto di voto per i riflessi di responsabilità che deriverebbero dal suo relativo esercizio, hanno diritto di intervento e di parola. Rispetto alla partecipazione dei minori alla vita associativa si evidenzia che la Corte di Cassazione (ordinanza n. 23228/2017) ha affermato che la rappresentanza ex lege dei soggetti minori spetta ai soggetti esercitanti la responsabilità genitoriale anche nelle assemblee di cui i minori sono soci e pertanto il genitore del socio minore deve essere convocato alle assemblee per esercitare il diritto di voto in nome e per conto del minore rappresentato.

Tale tesi è stata riproposta dal Ministero del Lavoro con riferimento alle associazioni di promozione sociale (Nota n. 1309 del 6 febbraio 2019) e alla generalità degli enti del terzo settore (Nota n. 18244 del 30/11/2021). La partecipazione al voto dell’esercente la potestà genitoriale dell’associato minorenne non deve essere computata nel numero massimo di deleghe previsto da statuto.

Funzioni dell’assemblea e funzioni dell’organo amministrativo

Avrei necessità di sapere se la decisione di acquistare un bene o un servizio per la buona gestione dell’associazione è compito del CD (ossia se fa parte dell’ordinaria amministrazione demandata in statuto a quest’organo) oppure se è necessaria anche l’approvazione dell’assemblea.

In primo luogo, è opportuno ricordare che le funzioni dell’assemblea dei soci sono espressamente indicate dal codice del terzo settore e devono essere riportate nello statuto dell’associazione anche se tecnicamente una eventuale omissione non implica la possibilità di non riconoscere competenze espressamente attribuite con legge. Si tratta di:

  1. nomina e revoca i componenti degli organi sociali;
  2. nomina e revoca, quando previsto, il soggetto incaricato della revisione legale dei conti;
  3. approva il bilancio;
  4. delibera sulla responsabilità dei componenti degli organi sociali e promuove azione di responsabilità nei loro confronti;
  5. delibera sull’esclusione degli associati, se l’atto costitutivo o lo statuto non attribuiscono la relativa competenza ad altro organo eletto dalla medesima;
  6. delibera sulle modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto;
  7. approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari;
  8. delibera lo scioglimento, la trasformazione, la fusione o la scissione dell’associazione;
  9. delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto alla sua competenza.

A queste competenze se ne possono aggiungere altre all’interno dello statuto come la delibera in merito all’acquisto di beni/servizi eventualmente se di valore superiore ad un importo indicato. In assenza di tale indicazione, la competenza è dell’organo amministrativo che dovrà eventualmente operare nei limiti del bilancio preventivo, se approvato, e in ogni caso con la diligenza del buon padre di famiglia.

Dobbiamo procedere alla elezione del consiglio direttivo: ci può dare qualche consiglio?

La prima cosa da fare è esaminare lo statuto per verificare se/quali siano le prescrizioni ivi contenute rispetto a tempistica e procedura.

Se non diversamente disposto, l’assemblea elettiva deve essere convocata alla scadenza del mandato conferito nella precedente elezione la cui durata deve essere specificata sempre in statuto. L’eventuale previsione di cariche elettive a tempo indeterminato si ritiene che violi il principio di eleggibilità delle cariche anche se queste sono potenzialmente revocabili.

Nello statuto dovrebbe essere indicata la modalità di convocazione, il quorum costitutivo e deliberativo (normalmente è quello proprio dell’assemblea ordinaria) ed eventualmente le regole elettive (in assenza si vota il singolo candidato).

Si consiglia di redigere un verbale dell’organo di amministrazione di passaggio delle consegne per assicurarsi che siano presenti in sede i documenti dell’associazione, con particolare riferimento a:

  1. atto costitutivo e statuto, nella versione registrata all’Agenzia delle Entrate;
  2. documento di attribuzione del codice fiscale ed eventuale documento di attribuzione della partita iva;
  3. Modello EAS, salvo i casi di esonero;
  4. libri sociali (libro soci, libro verbali dell’Assemblea dei soci, del Consiglio Direttivo e degli ulteriori eventuali organismi previsti dal sodalizio);
  5. documentazione contabile (bilanci e documentazione contabile sulla cui base è stato elaborato il bilancio con la relativa prima nota) e fiscale (registri previsti in base al regime fiscale adottato, Modelli F24 da cui risulti il versamento delle imposte, Dichiarativi fiscali) con inventario dei beni di proprietà;
  6. documentazione relativa agli eventuali rapporti di collaborazione retribuita in essere o cessati (lettera di assunzione, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, incarichi per prestazioni di lavoro autonomo anche occasionale, relative buste paghe, ricevute o fatture, Certificazioni Uniche, Modello 770),ivi inclusa la documentazione relativa agli adempimenti accessori (documento di valutazione dei rischi, individuazione quindi dei diversi incarichi affidati, situazione della relativa formazione, analisi aggiornata delle misure di sicurezza adottate);
  7. documentazione privacy;
  8. corrispondenza;

relativi agli ultimi dieci anni, ovvero che questi documenti siano conservati presso lo studio del professionista incaricato e che tale circostanza sia stata comunicata all’Agenzia delle Entrate.

Atteso che la responsabilità resta in capo anche a chi ha agito in nome e per conto dell’associazione nel periodo pregresso, può sorgere l’esigenza per i precedenti dirigenti di conservare la documentazione. Gli stessi non possono però rifiutarsi di consegnare la documentazione di proprietà dell’associazione: un tale comportamento si configurerebbe come appropriazione indebita in relazione alla quale il nuovo Organo amministrativo potrebbe costituirsi parte civile nel processo penale.

Viceversa, gli stessi potrebbero richiedere la riproduzione degli originali che dovranno restare invece nella disponibilità dell’associazione nelle persone componenti il nuovo Organo amministrativo. In questo caso il trattamento dei dati personali contenuti nella documentazione dovrà essere espressamente autorizzato ed il relativo utilizzo circoscritto alla tutela rispetto ad eventuali responsabilità conseguenti ad accertamenti fiscali, lavoristici o a qualsivoglia forma di responsabilità civile/penale o amministrativa in capo alla persona nel periodo in cui rivestiva la carica elettiva.

Sarà pertanto necessario indicare nel verbale quanto segue:

«Il Signor …., in qualità di legale rappresentante dell’associazione ……. per il periodo decorrente dal _____al ______ ha richiesto ed acquisito copia dei seguenti documenti …. al fine di potersi tutelare a fronte di eventuali azioni di responsabilità. Il signor …..assume pertanto l’obbligo di riservatezza rispetto ai dati contenuti nella documentazione trasmessa con il vincolo di utilizzarli esclusivamente per l’esercizio dei propri diritti connessi all’esercizio di azioni giudiziarie o stragiudiziali legate alla sua precedente veste di legale rappresentante del sodalizio.

Data e firma

È inoltre utile acquisire il documento di attribuzione del codice fiscale aggiornato con i dati del nuovo legale rappresentante come prova dell’avvenuta comunicazione della variazione all’Agenzia delle Entrate.

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Buon giorno, pochi giorni fa abbiamo fatto l'assemblea ordinaria dei soci del nostro ETS con il rinnovo delle cariche, sono cambiati presidente e vice presidente. A chi e come dobbiamo comunicare tale variazione?
Gli enti del terzo settore devono comunicare la variazione dei componenti dell’organo amministrativo:
  1. all’Agenzia delle Entrate con riferimento al legale rappresentante. La variazione si effettua attraverso il modello AA5/6 se si è titolari di solo codice fiscale oppure attraverso il modello AA7/10 se si è titolari di partita iva. La presentazione del modello può essere effettuata presso gli Uffici, previa prenotazione di appuntamento, o con modalità telematica;
  2. al Registro unico nazionale del terzo settore attraverso la piattaforma a cui si accede da qui
    Gli aggiornamenti sono effettuati entro trenta giorni decorrenti da ciascuna modifica (ex art. 48 del DLgs 117/2017) utilizzando la modulistica di cui all’allegato tecnico B al DM n. 106 del 15/09/2020, a cura dei seguenti soggetti, che operano sotto la propria responsabilità:

    1. il rappresentante legale dell’ETS o in alternativa il rappresentante legale della rete associativa cui l’ETS aderisce;
    2. uno o più amministratori dell’ETS o in mancanza, i componenti dell’organo di controllo; in ogni caso le generalità dei soggetti abilitati devono risultare tra quelle dei titolari di cariche sociali di cui all’articolo 8, comma 6, lettera o);
  3. se si tratta di un ente del terzo settore iscritto anche ad altri albi o registri (a titolo esemplificativo una associazione sportiva dilettantistica di promozione sociale) all’Amministrazione che detiene l’altro albo o registro;
  4. se si tratta di un ente del terzo settore impresa sociale (quindi non di una associazione di promozione sociale nè di una organizzazione di volontariato), la comunicazione avverrà attraverso il canale COMUNICA alla Camera di commercio la quale farà trasmigrare il dato al Registro unico nazionale del terzo settore;
  5. alle organizzazioni a cui eventualmente si affiliano;
  6. ai professionisti di cui l’Ente del terzo settore si avvale per la gestione degli adempimenti fiscali e lavoristici.
Come si modifica lo statuto?

La competenza della modifica statutaria è rimessa all’assemblea straordinaria degli associati. È necessario verificare il quorum costitutivo (quanti soci devono essere presenti, fisicamente/per delega/telematicamente quando consentito, perché l’assemblea sia validamente costituita) ed il quorum deliberativo (quanti devono essere favorevoli alla delibera) previsto dallo statuto. Purtroppo, non è stata prorogata la possibilità (contemplata fino al 31/12/2022) di modificare lo statuto con il quorum dell’ordinaria per le associazioni di promozione sociale, le organizzazioni di volontariato e le ONLUS chiamate ad effettuare le modifiche richieste dall’Ufficio del registro unico nazionale del terzo settore.

Il quorum dell’assemblea straordinaria – anche in seconda convocazione – deve essere in ogni caso rafforzato ed il Ministero del Lavoro richiede che tale condizione riguardi sia il quorum costitutivo che deliberativo.

L’iter prevede pertanto, fatto salvo quanto specificato in statuto:

  1. verbale del consiglio direttivo di convocazione dell’assemblea straordinaria in cui si approva la bozza di nuovo statuto da sottoporre alla valutazione dell’assemblea degli associati;
  2. convocazione dell’assemblea ordinaria in prima ed eventualmente in seconda convocazione. La convocazione rappresenta corrispondenza per cui un esemplare deve essere conservato agli atti;
  3. verbale dell’assemblea straordinaria in prima ed eventualmente in seconda convocazione a cui allegare il testo dello statuto modificato. Si potrebbe registrare anche solo il verbale di modifica ma questo implicherebbe la necessità di esaminare l’atto sia nella sua forma originaria che nelle modifiche apportate indicate in verbale;
  4. registrazione del verbale all’Agenzia delle Entrate applicando l’imposta di registro (sono esonerate le sole organizzazioni di volontariato e gli enti del terzo settore


ASPETTI CONTABILI E FISCALI

Quando e come aprire la partita iva?

L’onere di aprire una partita iva si verifica quando l’associazione svolge una attività fiscalmente rilevante in via non occasionale e quando l’eventuale attività occasionale fiscalmente rilevante (che genera un reddito diverso) richiede una complessa attività organizzativa (per cui il reddito generato diventa reddito di impresa).

È importante aprire la partita iva solo allo svolgimento di attività fiscalmente rilevante: se ne siamo titolari ma non emettiamo fatture/ricevute siamo in ogni caso tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi a zero, pena l’applicazione della sanzione pecuniaria amministrativa legata all’omessa presentazione.

L’istanza si presenta con modello AA7/10 in duplice esemplare direttamente (anche a mezzo di persona appositamente delegata) a un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate, a prescindere dal domicilio fiscale del contribuente oppure in unico esemplare a mezzo servizio postale e mediante raccomandata, allegando fotocopia di un documento d’identità del dichiarante, da inviare a un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate, a prescindere dal domicilio fiscale del contribuente (in tal caso le dichiarazioni si considerano presentate nel giorno in cui risultano spedite) o, infine, per via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti incaricati della trasmissione telematica di cui all’art. 3, commi 2-bis e 3, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 e successive modificazioni come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nelle istruzioni.

È obbligatoria l'apertura di un conto corrente intestato all'associazione?

Non è obbligatoria ma vivamente consigliata, garantendo la tracciabilità delle operazioni i seguenti benefici:

  1. maggiore trasparenza gestionale;
  2. supporto nella predisposizione della prima nota attraverso l’estratto conto;
  3. possibilità di garantire agevolazioni fiscali a chi effettua erogazioni liberali (si veda per gli enti del terzo settore quanto previsto dall’art. 83 del Codice del terzo settore);
  4. possibilità di retribuire dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi in relazione ai quali sussiste l’obbligo di tracciabilità delle remunerazioni (ex legge n. 205/2017).

Le associazioni inoltre devono dimostrare il rispetto dei limiti posti all’utilizzo delle transazioni in contanti, limiti indicati a partire dal 1° gennaio in 4.999,99 euro (plafond innalzato dall’art. 1, comma 384 della legge n. 197 del 2022 recante il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025“). Si tratta della soglia massima di trasferimenti di contanti verso terzi, il vincolo non riguarda i prelievi.

Al limite dei 4.999,99 euro fanno eccezione le associazioni e società sportive dilettantistiche che devono invece dimostrare di non effettuare né ricevere pagamenti di importo superiore a 1.000 euro (ex art. 25 Legge 133/1999).

Ente commerciale o ente non commerciale

Vorremmo costituire il nostro coro come APS. Temiamo però di perdere la qualifica di ente non commerciale perché come entrate istituzionali ipotizziamo le quote che verseranno i coristi – pari complessivamente a 1.000 euro annui – mentre potremmo ricevere più alti incassi da concerti (in termini di biglietti di ingresso o di importo riconosciuto da Pubbliche Amministrazioni, enti senza scopo di lucro o anche privati). La proporzione tra incassi commerciali e quote istituzionali va considerata al lordo, o al netto delle spese?

Il via preliminare è necessario ricordare che un ente si qualifica come non commerciale quando non svolge attività commerciale in via esclusiva o prevalente (ex art. 73 del Testo unico delle imposte sui redditi).
Per quanto concerne il 2023, applicando quindi le regole del testo unico delle imposte, possiamo distinguere in capo alle associazioni di promozione sociale in possesso anche dei requisiti statutari e gestionali contemplati dall’articolo 148, ottavo comma, del Testo unico delle imposte sui redditi, tra:

Attività istituzionali e decommercializzate Attività sempre commerciali
  1. contributo associativo annuale;
  2. erogazioni liberali;
  3. contributi su progetti finanziati per esempio da enti locali o fondazioni bancarie;
  4. corrispettivi specifici versati dai soci persone fisiche per partecipare – per esempio – a corsi di canto o ingressi a concerti riservati agli associati;
  5. corrispettivi specifici versati da soci associazioni di promozione sociale o altri enti del terzo settore o senza scopo di lucro (che devono però essere minoritari rispetto agli aderenti associazioni di promozione sociale) per prestazioni di servizi inerenti i fini istituzionali come animazione culturale attraverso concerti;
  6. corrispettivi versati da pubbliche amministrazioni per servizi convenzionati in quanto attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali dell’associazione (es: il Comune chiede l’animazione musicale delle scuole, la ASL chiede l’animazione musicale in una RSA per anziani, il Ministero di grazia e giustizia chiede di realizzare un coro misto all’interno delle carceri minorili);
  7. attività di raccolta fondi occasionale mediante cessione di beni di modico valore o servizi (concerto) rivolta al pubblico nell’ambito di un evento di sensibilizzazione, ricorrenza o celebrazione
  8. le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali;
  9. per le APS affiliate ad enti le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno la somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale da bar e esercizi similari purché complementare all’attività istituzionale;
  10. per le APS affiliate ad enti le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici inerenti gli scopi associati.
Tutte quelle non riconducibili a quelle istituzionali e decommercializzate come

  1. biglietteria verso il pubblico (che non sia effettuata nell’ambito di una raccolta fondi occasionale);
  2. organizzazione di concerti pagata.

Quello che rileva nel rapporto tra attività istituzionale-decommercializzata e attività commerciale è il ricavo, non l’eventuale avanzo di gestione prodotto dall’attività.
Dall’anno successivo a quello di acquisizione dell’autorizzazione dell’Unione europea dei nuovi regimi fiscali introdotti dal Codice del terzo settore, possiamo invece distinguere in capo alle associazioni di promozione sociale tra:

Attività istituzionali e decommercializzate Attività sempre commerciali
  1. contributo associativo annuale;
  2. erogazioni liberali;
  3. contributi su progetti finanziati per esempio da enti locali o fondazioni bancarie;
  4. corrispettivi specifici versati dai soci persone fisiche per partecipare – per esempio – a corsi di canto o per accedere a concerti organizzati solo per associati;
  5. corrispettivi specifici versati da soci associazioni di promozione sociale o altri enti del terzo settore o senza scopo di lucro (che devono però essere minoritari rispetto agli aderenti associazioni di promozione sociale) per prestazioni di servizi inerenti alle attività di interesse generale (es: ingresso a concerto riservato agli associati);
  6. le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali;
  7. per le APS affiliate ad enti le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno la somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale da bar e esercizi similari, sempre che vengano soddisfatte le seguenti condizioni:
    1. tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti degli associati ed equiparati;
    2. per lo svolgimento di tale attività non ci si avvalga di alcuno strumento pubblicitario o comunque di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dai soggetti indicati al comma;
  8. per le APS affiliate ad enti le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempre che vengano soddisfatte le seguenti condizioni:
    1. tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti degli associati ed equiparati;
    2. per lo svolgimento di tale attività non ci si avvalga di alcuno strumento pubblicitario o comunque di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dai soggetti indicati al comma;
  1. corrispettivi da convenzioni con Pubbliche Amministrazioni a copertura costi;
  2. corrispettivi da terzi (ivi incluse pubbliche amministrazioni) per attività di interesse generale quando i ricavi non superino di oltre il 6% i relativi costi effettivi (da intendersi come la somma tra costi diretti e quota parte dei costi imputabili alle attività di interesse generale e, tra questi, i costi indiretti e generali, ivi compresi quelli finanziari e tributari) per ciascun periodo d’imposta e   per non oltre tre periodi d’imposta consecutivi;
  3. attività di raccolta fondi occasionale mediante cessione di beni di modico valore o servizi (concerto) rivolta al pubblico nell’ambito di un evento di sensibilizzazione, ricorrenza o celebrazione;
  4. le attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario e sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato.
I ricavi derivanti da attività diverse da quelle di interesse generale fatta eccezione per le sponsorizzazioni che seppur tassate, e seppur esercitabili nei limiti delle attività diverse, non incidono ai fini della qualificazione dell’ente come commerciale.

Tutte quelle non riconducibili a quelle istituzionali e decommercializzate come

  1. biglietteria verso il pubblico (che non sia effettuata nell’ambito di una raccolta fondi occasionale);
  2. organizzazione di concerti pagata.
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La nostra APS ha la partita iva in regime 398. Come deve comportarsi – fiscalmente parlando - nel 2023?

Nulla è cambiato. Valgono le regole su cosa è fiscalmente rilevante e su quello che – in presenza di determinati presupposti formali e sostanziali – è fiscalmente agevolato ai sensi del Testo unico delle imposte sui redditi e si continua ad applicare il regime 398/1991 con la conseguente forfetizzazione delle imposte dirette e dell’iva con riferimento ai redditi di impresa conseguiti.

Da quale esercizio devo applicare i nuovi schemi di bilancio degli Enti del Terzo Settore?

Gli schemi di bilancio obbligatori per gli ETS sono stati introdotti con il D.M. 5 marzo 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 18/04/2020.

Il decreto prevede che gli schemi debbano essere adottati dalle associazioni già iscritte ai registri della Promozione Sociale e del Volontariato nonché all’anagrafe delle Onlus, a partire dal primo esercizio successivo a quello di entrata in vigore del decreto.

Di conseguenza per le organizzazioni con esercizio sociale “solare”, il primo anno di applicazione degli schemi è stato l’esercizio 2021, mentre per le realtà con esercizio “a cavallo”, iniziato dopo il 18/04/2020, l’adozione degli schemi iniziava già per l’esercizio 2020/2021.

Quando devo pubblicare il bilancio sul Runts?

In via ordinaria i bilanci devono essere pubblicati sul Runts entro il 30 giugno di ogni anno.

Per il primo anno di entrata in vigore del Runts, ossia per i bilanci 2020/2021 o 2021, è stato previsto che la pubblicazione del bilancio possa avvenire entro 90 giorni dall’effettiva iscrizione dell’organizzazione al nuovo registro (Ministero del Lavoro circolare n. 9/2022, nota n. 5941 del 5/4/2022). Di conseguenza, per questo primo anno, non esiste una scadenza univoca per tutte le associazioni, atteso che la fase di trasmigrazione delle singole associazioni ha richiesto alcuni mesi per essere completata: ogni associazione dovrà attendere la pubblicazione nell’elenco degli iscritti e da tale data decorreranno i 90 giorni per la pubblicazione del bilancio.

Devo pubblicare nel RUNTS anche la relazione dell’organo di controllo e del revisore contabile quando nominati? Devo pubblicare il rendiconto delle singole attività di raccolta fondi?

Nel caso di nomina dell’organo di controllo e del revisore contabile si rende necessario pubblicare anche le relative relazioni che seppur non costituiscono parte integrante del bilancio contengono elementi necessari a consentire all’organo deputato all’approvazione del bilancio di formulare il proprio giudizio sull’operato dell’organo amministrativo (Nota n. 17146 del 15/11/2022).

Per concludere, il Ministero (Nota n. 17146 del 15/11/2022) ritiene sia sufficiente in questo momento depositare il bilancio al cui interno sono sintetizzati i dati delle raccolte fondi occasionali, senza pertanto che l’ente debba effettuare un deposito distinto di questi ultimi. In futuro, le esigenze di indicizzazione dei documenti a sistema e di raggiungimento di livelli crescenti di accessibilità dei documenti potrebbero richiedere una più attenta “compliance” da parte degli enti, a seguito dell’aggiornamento delle regole tecniche di deposito.

Quale schema di bilancio deve adottare la mia associazione?

L’articolo 13 del D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo Settore) prevede che la forma ordinaria del bilancio degli Enti del Terzo Settore sia quella del bilancio di “competenza” composto da:

  • Stato Patrimoniale;
  • Rendiconto gestionale (conto economico);
  • Relazione di Missione

Solo per le realtà associative di più ridotte dimensioni economiche è prevista la possibilità di adottare uno schema di rendiconto di “cassa”: tale facoltà è concessa solo alle associazioni che nell’esercizio precedente abbiano avuto ricavi complessivi inferiori a euro 220.000.

Il D.M. 5 marzo 2020 fornisce entrambi gli schemi di rendicontazione e fornisce l’elenco delle informazioni che devono essere riportate nella Relazione di Missione.

Quale struttura hanno gli schemi di rendicontazione economica?

Il Rendiconto gestionale ed il Rendiconto per cassa sono suddivisi in cinque aree gestionali:

  1. Attività di interesse generale (definite dall’art. 5 Dlgs 117/2017);
  2. Attività diverse (definite dall’art. 6 Dlgs 117/2017);
  3. Raccolte fondi (abituali/occasionali);
  4. Attività finanziarie e patrimoniali;
  5. Attività di supporto generale

Di conseguenza l’analisi di ogni voce di ricavo o di spesa dovrà essere analizzata non solo in base alla propria “natura”, ma anche sulla base della sua “destinazione”, ossia dell’attività per la quale è stata incassata/sostenuta.

Oltre alle cinque aree gestionali sopra menzionate è presente in entrambi gli schemi di bilancio proposti dal D.M. 5 marzo 2020 un prospetto extracontabile relativo all’annotazione degli eventuali costi/ricavi figurativi.

Nel rendiconto di “cassa” sono presenti anche altre due sezioni:

  • Uscite/entrate da investimenti/disinvestimenti in immobilizzazioni o da deflussi/flussi da capitali di terzi;
  • Cassa e Banca.


VOLONTARI

Chi sono i volontari?

Al nostro interno abbiamo un gruppo musicale (banda) i cui musici sono soci, sono assicurati contro infortunio e responsabilità civile (non capisco l’assicurazione contro le malattie). Questo gruppo sotto la guida del maestro svolge per il comune 3 concerti all’anno gratuitamente in occasione di alcune ricorrenze, es 25 aprile 2 giugno ecc. Può essere considerata attività solidaristica?? Di tipo occasionale?? La presidente e la vicepresidente possono essere soci volontari continuativi??

“Il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà”.

Il CTS prevede che non si considera volontario l’associato che occasionalmente coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle loro funzioni ma ben possono esserlo – in via continuativa – i componenti dell’organo amministrativo che non ricevono indennità di carica né compensi.

Per quanto concerne i componenti della banda che realizzano gratuitamente animazione culturale in occasione di tre eventi all’anno si può parlare volontari occasionali nella misura in cui rispondono al bisogno della collettività di proposte culturali e operano così in un’ottica solidaristica.

La polizza per i volontari riguarda qualsiasi forma di volontariato per cui hanno inserito come obbligatoria anche la tutela per malattia oltre a quella per infortuni e responsabilità civile.

Per approfondire il tema della polizza assicurativa si rinvia al DM 6/10/2021.

Ci sono definizioni dei massimali per la polizza dei volontari?

Non sono normati per cui è necessario confrontarsi con il proprio consulente assicurativo atteso che i massimali relativi ad una polizza assicurativa variano al variare del numero degli assicurati ed alla rischiosità coperta e sono direttamente proporzionali al premio versato.

Come dobbiamo gestire l'assicurazione per i volontari occasionali?

Il 1° comma dell’art. 1 del Decreto 6 ottobre 2021 precisa che: “ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 (obbligo assicurativo), per volontari si intendono i soggetti di cui all’art. 17 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 che svolgono la loro attività anche in modo occasionale, per il tramite degli enti di cui al comma 1”.

Ne consegue che dovranno essere considerati come i volontari continuativi con conseguente copertura assicurativa ed inserimento nell’elenco dei volontari occasionali o in apposita sezione del registro volontari.

Il volontariato ed il rimborso delle spese.

Pensiamo di riconoscere ai volontari rimborsi in autocertificazione. Come dobbiamo approvare il relativo regolamento?

Il Codice del terzo settore ha offerto una definizione di volontario propria di tutti gli enti del terzo settore.

Si tratta di chi, “per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà”.

Può essere:

  1. un socio/associato,
  2. un socio/associato di una organizzazione aderente all’ente del terzo settore,
  3. un terzo che si rende in ogni caso disponibile, occasionalmente o in via continuativa, a svolgere tale attività che in ogni caso
    1. non svolge anche attività retribuita a beneficio dell’ente;
    2. non percepisce benefici economici anche indiretti da parte dell’ente ma esclusivamente – ed eventualmente – rimborsi per le spese effettivamente sostenute essendo vietati anche i rimborsi forfettari.
      Il Codice del terzo settore prevede che “L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario.
  4. Ai fini di cui al comma 3, le spese sostenute dal volontario possono essere rimborsate anche a fronte di una autocertificazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, purché non superino l’importo di 10 euro giornalieri e 150 euro mensili e l’organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle attività di volontariato aventi ad oggetto la donazione di sangue e di organi.

I rimborsi potranno pertanto essere riconosciuti

  1. a piè di lista, con conseguente presentazione delle relative pezze giustificative;
  2. in “autocertificazione” nei limiti previsti dalla normativa e in relazione ai quali il dichiarante si assume la responsabilità della veridicità di quanto dichiarato.

In via preliminare è necessario distinguere due casistiche:

  1. quando il socio semplicemente anticipa un costo dell’organizzazione. A titolo esemplificativo è necessario acquistare della cartoleria e mi trovo nel negozio: effettuo l’acquisto, chiedo, anche in relazione all’importo, fattura o scontrino parlante dove inserire i dati dell’ente. Laddove non sia possibile chiedo lo scontrino non parlante e lo accompagno ad una richiesta di rimborso in cui viene specificata la natura dell’acquisto ed eventualmente anche la sua destinazione (es: “cancelleria per il progetto un ponte”). La voce sarà classificata in bilancio in base alla natura e alla destinazione del bene;
  2. quando il socio chiede il rimborso di proprie spese sostenute però nello svolgimento delle attività di volontariato rientriamo effettivamente nel concetto di rimborso spese.

Gli enti del terzo settore tenuti ad approvare il bilancio sociale dovranno inoltre indicare nel documento “modalità e importi dei rimborsi ai volontari” e “in caso di utilizzo della possibilità di effettuare rimborsi ai volontari a fronte di autocertificazione, modalità di regolamentazione, importo dei rimborsi complessivi annuali e numero di volontari che ne hanno usufruito”.

Rientrano tipicamente nei rimborsi a piè di lista quelli legati alle trasferte.

In questo caso è opportuno indicare in una delibera del consiglio direttivo o in un regolamento approvato dall’assemblea dei soci (potrebbe essere approvato anche dal consiglio direttivo ma l’approvazione da parte dell’assemblea dei soci è richiesta in capo agli enti non commerciali di tipo associativo che ambiscono alle agevolazioni di cui all’articolo 148 del testo unico delle imposte sui redditi e dell’articolo 4 del Decreto IVA), il criterio di erogazione del rimborso. Se si tratta dell’utilizzo del veicolo personale, si può indicare in delibera/regolamento che “i soci sono autorizzati all’utilizzo del proprio veicolo per le trasferte effettuate nell’interesse dell’associazione”. In merito al rimborso della spesa sostenuta è possibile indicare che “I volontari hanno diritto al rimborso dei costi per trasferte effettuate fuori dal Comune di residenza applicando le tariffe ACI/applicando 0,30 euro a chilometro”, ossia un unico criterio valido a prescindere dalla tipologia di veicolo e in ogni caso obbligatoriamente pari o inferiore al valore deducibile dalle tabelle ACI. È altresì possibile prevedere che nel caso di trasferte collettive i volontari debbano, quando possibile, optare per il car sharing se partono dalla stessa città, anche per una scelta di impatto ambientale.

Anche per l’utilizzo del mezzo pubblico è possibile intervenire con specifiche regolamentazioni come il ricorso esclusivamente alla seconda classe per i viaggi in treno a meno che non ci siano offerte speciali o l’utilizzo di voli low cost in caso di trasferte aeree.

È altresì possibile riconoscere rimborsi per costi inerenti all’associazione: a titolo esemplificativo l’associazione che garantisce l’accoglienza e l’eventuale animazione in un museo potrebbe ritenere opportuno che tutti i propri volontari abbiano un abbigliamento conforme lasciando agli stessi la facoltà di scegliere autonomamente i capi ma prevedendo un rimborso anche solo parziale del costo sostenuto.

È inoltre possibile che le spese sostenute dal volontario siano rimborsate a fronte di una autocertificazione resa ai sensi dell’articolo 46 del DPR 445/2000, purché non superino l’importo di 10 euro giornalieri e 150 euro mensili e l’organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle attività di volontariato aventi ad oggetto la donazione di sangue e di organi.

La disposizione nasce verosimilmente dalla necessità di semplificare la gestione ad associazioni che presentando un numero significativo di volontari e gestendo magari servizi in convenzione con la pubblica amministrazione debbano anche gestire una quantità significativa di rimborsi spese ammessi come costi in convenzione. In questo modo l’associazione non è tenuta a presentare all’amministrazione il singolo scontrino ma l’autocertificazione presentata dal socio che può essere anche cumulativa.

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Ma come si arriva all’autocertificazione del rimborso spese?

In primo luogo, è necessario che l’organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato in relazione alle quali è ammessa questa tipologia di rimborso. Si può pertanto trattare della Delibera dell’organo amministrativo o di un regolamento associativo. In questo secondo caso, se l’associazione di promozione sociale intende accedere alle agevolazioni fiscali previste dall’articolo 148 del testo unico delle imposte sui redditi e dall’articolo 4 del Decreto IVA, la competenza ad approvarlo è dell’assemblea degli associati.
Il Regolamento complessivo sui rimborsi potrebbe avere il seguente tenore:
Regolamento redatto ai sensi dell’art. 17, commi 3 e 4, del D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117
Al fine di rendere attuabile il rimborso delle spese effettivamente sostenute dai propri volontari per lo svolgimento dell’attività effettuata, si stabiliscono con il presente regolamento i criteri e i limiti cui fare riferimento.

Differenziazione delle spese.
L’Ente delibera di distinguere le seguenti tipologia di spesa tra quelle sostenute direttamente dall’Ente e quelle che possono essere sostenute, e quindi rimborsate, dal volontario sia presentando le relative pezze giustificative (rimborsi a piè di lista) che presentando l’autocertificazione nel rispetto del limite giornaliero di 10,00 euro e in ogni caso del limite mensile di 150,00 euro mensili.

1) Formazione, progettazione, direzione, aggiornamento.
Le spese inerenti alla formazione, la progettazione, la crescita culturale e l’aggiornamento dei volontari più in generale (corsi, conferenze, convegni, seminari, stampa) sono spese di competenza dell’Ente direttamente sostenute dall’Ente.

2) Spese di trasferta
Le spese di trasferta sono sostenute direttamente dai volontari nel rispetto dei seguenti criteri.
Nel caso in cui per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Associazione, e tramite autorizzazione da parte dell’Ente, il volontario utilizzi il proprio mezzo di trasporto, viene stabilito un rimborso pari ad € 0,35 per ciascun chilometro percorso.
Per quanto concerne le spese di parcheggio, il rimborso del relativo costo avviene previa presentazione del documento comprovante la spesa.
Nel caso in cui, per lo svolgimento delle attività dell’Associazione, il volontario si avvalga dei mezzi di trasporto pubblico (autobus, metropolitana, taxi, ecc..), il rimborso del costo dell’abbonamento al servizio pubblico avviene nella misura ottenuta rapportando il numero dei giorni in cui la persona è impegnata nelle attività di volontariato sul totale complessivo dei giorni di abbonamento (mensile/annuale/altro); mentre, nel caso dei biglietti/ricevute relativi all’utilizzo del mezzo pubblico, è rimborsabile l’intero costo.

3) Spese per il vitto
I costi attinenti alle spese per la consumazione del pasto per le riunioni degli organismi comprensoriali sono a carico dell’Ente.
Nel caso di spese di vitto sostenute al di fuori delle riunioni per missioni associative, per la consumazione di un pasto viene rimborsato l’ammontare massimo di €30,00. Nel caso di due pasti, qualora la trasferta si protragga per più di un giorno, l’ammontare massimo rimborsabile sarà pari ad €50,00. In ogni caso il rimborso avviene previa presentazione della documentazione comprovante la spesa.
Qualora i volontari debbano consumare il pasto fuori dalla loro abitazione in conseguenza del protrarsi dell’attività di volontariato, l’Associazione contribuirà con una cifra massima pari a 10,00 € della spesa per ogni pasto consumato. Il rimborso sarà effettuato purché le stesse siano state effettivamente sostenute dal volontario per l’esecuzione delle attività, e risultino debitamente documentate e autorizzate.

4) Spese di alloggio
Nel caso in cui la trasferta si protragga per più di un giorno, è ammesso il rimborso delle spese di pernottamento. Il pernotto avviene in struttura convenzionata con l’Ente ed il costo viene sostenuto direttamente dall’Ente. Il volontario può scegliere anche altra struttura ma il rimborso della spesa non potrà superare € 70,00 a notte e potrà avvenire sempre previa presentazione della documentazione comprovante la spesa.

Spese ammesse in autocertificazione.
Il Codice del terzo ammette il rimborso delle spese effettivamente sostenute mediante autocertificazione delle stesse nei limiti di € 10,00 e comunque di € 150,00 al mese.
Si intendono ammesse in autocertificazione le seguenti tipologie di spese:

  • vitto (colazione/bar/ristorante);
  • spostamenti (utilizzo del mezzo pubblico, utilizzo del mezzo privato in ambito comunale
    auto o ciclomotore)
  • spese per il decoro personale;
  • altre tipologie di spesa purché autorizzate.

Si evidenzia che i volontari devono conservare la documentazione contabile (scontrino/biglietti) su cui si fonda l’autocertificazione dei cui contenuti restano responsabili.

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È necessario aver anche un registro soci laddove ci siano soci non attivi come volontari?

Sotto il profilo documentale bisogna distinguere tra:

  • Libro associati, libro sociale divenuto obbligatorio con il Codice del terzo settore; (prima rappresentava un onere per dimostrare la genuinità del rapporto associativo ma non un obbligo);
  • Registro volontari (art. 3 DM 6/10/2021). Questo dovrà essere, prima di essere posto in uso, numerato progressivamente in ogni pagina e bollato in ogni foglio da un notaio o da un pubblico ufficiale a ciò abilitato (ivi incluso il segretario generale come chiarito con Nota n. 12675 del 14 settembre 2022), che dichiara nell’ultima pagina il numero dei fogli che lo compongono. Gli enti medesimi possono istituire un’apposita sezione separata del registro, ove sono iscritti coloro che prestano attività di volontariato in modo occasionale. In alternativa gli enti possono avvalersi di registri tenuti con sistemi elettronici e/o telematici qualora gli stessi assicurino l’inalterabilità delle scritture e la data in cui le stesse sono apposte, anche con le modalità di cui all’art. 2215 bis, commi 2, 3 e 4 del Codice civile, anche ricorrendo ai sistemi elettronici e/o telematici messi a disposizione dalle reti associative a cui aderiscono, ferma restando la titolarità in capo al singolo ente degli obblighi relativi alla tenuta del registro.


LAVORO

La nostra associazione vorrebbe avvalersi di docenti per seminari e corsi: quale tipologia di rapporto di lavoro ci consiglia tenuto anche conto che siamo una piccola associazione?

Il nostro ordinamento non contempla regole speciali per l’instaurazione di rapporti di lavoro per gli enti senza scopo di lucro, fatta eccezione per:

  • direttori artistici e collaboratori tecnici di cori, bande e filodrammatiche, che a determinate condizioni, con riferimento a prestazioni di natura non professionale, potrebbero essere retribuiti con indennità di trasferta, rimborsi forfetari di spesa, premi e compensi da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche;
  • indennità di trasferta, rimborsi forfetari di spesa, premi e compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche o nell’ambito di collaborazioni coordinate e continuative di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale dal CONI, dalla società Sport e salute Spa, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva, dagli enti VSS e USSA operanti prevalentemente nella provincia autonoma di Bolzano e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto, disposizioni agevolativa che non sarà più applicabile dal primo luglio 2023 in virtù delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo 36/2021.

Negli altri casi si deve pertanto fare ricorso agli ordinari rapporti di lavoro che prevedono la riconduzione alla disciplina del lavoro

  • subordinato,
  • autonomo (nella forma della prestazione professionale, della collaborazione coordinata e continuativa e del lavoro autonomo occasionale)
  • a prestazione occasionale che prescinde dalla natura autonoma o subordinata.

Spesso le associazioni ricorrono alle collaborazioni di natura autonoma occasionale ma è necessario verificare prima la sussistenza dei relativi requisiti e degli adempimenti connessi. In questo caso, infatti, dobbiamo:

  • dimostrare la natura autonoma della collaborazione;
  • dimostrare che la prestazione sia SPOT e non reiterata nel tempo, requisito che molto difficilmente si presta all’organizzazione di un corso che presuppone di per sé una articolazione temporale, mentre potrebbe essere utilizzato per uno stage di uno o più week end;
  • effettuare la comunicazione preventiva a meno che non siamo associazione che non svolge attività di impresa e in ogni caso a meno che non si tratti di collaborazione di natura intellettuale;
  • dobbiamo ricevere la ricevuta per collaborazione di natura autonoma occasionale con la dichiarazione del non assoggettamento ad iva per carenza del presupposto soggettivo e con la dichiarazione del mancato superamento del plafond complessivo di redditi da lavoro autonomo occasionale di 5.000 per essere esclusi dall’onere di versare i contributi previdenziali
  • versare, mediante modello F24, entro il 16 del mese successivo al pagamento la ritenuta fiscale del 20% con codice tributo 1040
  • curare i dichiarativi connessi (certificazione unica, modello 770, modello IRAP) ed eventualmente versare l’IRAP.

Se si ricorre invece alla prestazione occasionale (PRESTO), le caratteristiche sono le seguenti:

  • si prescinde dalla natura autonoma o subordinata del rapporto
  • dobbiamo dimostrare che l’impegno non superi le 280 ore nell’arco dello stesso anno civile a prestatore e che il collaboratore non riceva più di 2.500 euro dalla nostra associazione (complessivi massimo 5.000 euro da prestazione occasionali per il lavoratore mentre per l’associazione, grazie alla legge di bilancio, è reso possibile spendere non più di 10.000 euro)
  • dobbiamo espletare tutti gli adempimenti connessi.
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Le associazioni che scelgono di non iscriversi al Runts possono partecipare a bandi di enti pubblici e ricevere finanziamento?

Non è precluso laddove il bando non sia diretto esclusivamente ad enti del terzo settore: il tema si apre per le associazioni che vivono stabilmente di contributi pubblici. In questo caso la Legge 106/2016 di delega alla riforma del terzo settore prevede espressamente che debbano essere enti del terzo settore.
L’articolo articolo 4 prevede infatti che “L’iscrizione nel Registro, subordinata al possesso dei requisiti previsti ai sensi delle lettere b), c), d) ed e), è obbligatoria per gli enti del Terzo settore che si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno dell’economia sociale o che esercitano attività in regime di convenzione o di accreditamento con enti pubblici o che intendono avvalersi delle agevolazioni previste ai sensi dell’articolo 9;”


DESTINAZIONE URBANISTICA

Ponendo la sede dell’associazione nell’immobile senza modificare la categoria catastale, sarà possibile affittare la sede dell’associazione a terzi come sala riunioni per finanziare le attività dell’associazione?

L’articolo 71 del Codice del terzo settore prevede che “Le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.

L’agevolazione riguarda pertanto la possibilità, quando l’immobile presenta una destinazione d’uso omogenea ai sensi del DM 1444/1968, di scegliere la sede a prescindere dalla destinazione urbanistica dell’immobile e detta agevolazione spetta:

  1. a tutti gli Enti del Terzo Settore e non solo alle associazioni di promozione sociale, purché iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore e, nelle more del suo
    funzionamento, alle realtà iscritte nei registri delle associazioni di promozione sociale, organizzazioni di volontariato o nell’anagrafe delle ONLUS (ex art. 101, comma 3, CTS). Non sono viceversa ammessi al beneficio gli Enti meramente affiliati ad
    associazioni di promozione sociale come potrebbero essere le società sportive
    dilettantistiche affiliate ad Enti di promozione sportiva riconosciuti come Associazioni di promozione sociale;
  2. esclusivamente con riferimento ai locali adibiti alle attività di interesse generale
    promosse (ex art. 5 del Dlgs 117/2017) e non anche alle attività diverse esercitate (ex art. 6 del DLgs 117/2017) in quanto la norma fa esplicito riferimento ai locali dove viene svolta l’attività istituzionale (nota del 15/04/2019);
  3. unicamente con riferimento ad attività a carattere non produttivo “per salvaguardare il principio secondo cui lo svolgimento delle attività deve comunque avvenire in condizioni di sicurezza e adeguatezza dei locali – di fruire del beneficio”: la disposizione pertanto non distingue tra esercizio con modalità, o meno, commerciali dell’attività ma prende in esame attività produttive che gli Enti del Terzo Settore possono esercitare anche nell’ambito delle attività di interesse generale tra cui le attività produttive nella filiera del commercio equo e solidale (Nota n. 8756 del 7/8/2018).

Sul tema si segnala inoltre

  • il chiarimento (Nota n. 3959 del 22/03/2021) in merito alla circostanza che le imprese sociali sono comunque escluse dall’accesso al beneficio in qualità di imprese;
  • la sentenza del Consiglio di Stato n. 1737 del 1° marzo 2021 che individua, quale limite alla portata e agli effetti dell’art 71 comma 1 CTS, il potere dell’Amministrazione di valutare l’aggravio del carico urbanistico e la presenza di elementi significativi quali la dotazione del titolo edilizio per gli interventi di trasformazione.

Per rispondere al quesito, poiché

  1. l’affitto della sede da parte dell’associazione non rientra nelle attività di interesse generale,
  2. il beneficio non può in ogni caso essere traslato a terzi

si ritiene che possa essere contestata la violazione della norma nel caso di affitto della sede dell’associazione a terzi come sala riunioni.

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